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Roberto Chieu

Racconta di se: "Il mio mito era “Freddy the flying dutchman”.


Tutto iniziò alla fine degli anni ‘70, con l’avvento ed il proliferare delle prime radio libere. In particolare mi piaceva la potenza del segnale nonché quella lucetta verde, sinonimo di trasmissione stereofonica, che si accendeva nell’autoradio dell’epocale A112, quando mi capitava di ascoltare le frequenze di Radio Studio Nord.


La curiosità mi portò presto a bussare alla porta di quell’emittente, posta ai suoi albori in un semplice scantinato.


Ricordo che i due striminziti studi, dove ci stava a malapena una sedia oltre che ai due piatti, mixer e mangianastri, erano realizzati in legno, divisi da una vetrina ed insonorizzati con i classici recipienti di cartone a forma quadra, destinati a contenere le uova.


Ero divorato dalla passione per la musica, così iniziai presto a trasmettere un programma dedicato ai giovani, si chiamava appunto “Teenagers club” e si basava sul genere che furoreggiava al tempo, ovvero sua maestà la disco.


All’inizio mi identificavo dietro lo pseudonimo di Roberto Miconi, del quale presi lo spunto da Paul e Peter Micioni, DJ e produttori musicali, trasformato poi in Dr.Robert, ispirato questa volta al nome del leader inglese del gruppo dei Blow Monkeys.


Erano i tempi in cui la radio collaborava in esclusiva con la discoteca Kursaal di Sauris dove mi alternavo alla consolle con gli altri DJ e delle divertenti serate trascorse in compagnia degli altri speaker a cantare a turno il rap della Band of Jocks, “Let’s all dance” (1983).


In seguito si aggiunsero altri numerosi e svariati programmi musicali tra i quali mi piace annoverare “Sweet rock”, rivolto alla vastissima scelta della produzione rock mondiale di quel fertile ed inossidabile periodo, che spaziava dai Genesis ai Pink Floyd, dai Supertramp ai Dire Straits, dai Doors a U2 e tanti altri autori di brani ever green.


E, last but not least, la grande “Top fifty”, 3 ore di trasmissione in diretta per ascoltare la classifica settimanale di una selezione dei 50 pezzi preferiti di Studio Nord, stilata in collaborazione con gli altri speaker e riportata su manifesti che venivano pubblicati ed esposti lungo le vie del centro tolmezzino.


Concludendo posso dire che al tempo tutto era completamente diverso da quello che accade oggi nei network, ci si doveva arrangiare a fare praticamente tutto da soli, dalla creazione del palinsesto ai testi, alla regia, ad attendere ospiti e telefonate durante la diretta, nonché a registrare periodicamente su bobina gli interminabili notturni non stop, insomma era tutto affascinante perché la radio eravamo noi, espressione delle radio libere di allora. "


“Amo la radio perché arriva dalla gente
entra nelle case e
ci parla direttamente
e se una radio è libera
ma libera veramente
mi piace anche di più
perché libera la mente”.


Eugenio Finardi – La radio (1976)

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